- Secolo XIV (fine)
- Formato cm 23.9 x 34
- 301 carte
- Stampa fine art
- Applicazione dell’oro in lamina
- Carta pergamena trattata a mano per il raggiungimento dello stato ottimale di invecchiamento
- Legatura eseguita artigianalmente
- Cucitura a mano
- Incassatura su carta antica
- Coperta in pelle con impressione a secco
Descrizione
Codice 67, Padova, Biblioteca del Seminario Vescovile
Commedia col cosidetto commento dell’arcivescovo Visconti, che corrisponde essenzialmente al commento di Jacopo della Lana, ad eccezione del cap I e del proemio, entrambi tratti dal commento di Andrea della Lancia detto l’Ottimo.
L’opera contiene la Commedia di Dante Alighieri con le rubriche di ciascuna cantica e di ogni canto e il commento, canto per canto, di Jacopo della Lana, ad eccezione del primo canto dell’Inferno e del proemio, che seguono il commento di Andrea della Lancia detto l’Ottimo.
Proveninenza e antichi possessori: acquistata nel 1720 alla morte del conte Alfonso Alvarotti di Padova dal vescovo cardinale Giorgio Corner entra a far parte della Biblioteca del Seminario insieme alla collezione libraria del defunto nobile.
Lo stemma presente sulla prima pagina dell’Inferno è molto deperito, ma potrebbe essere attribuito alla famiglia Obizzi che ebbe rapporti sia con Padova che con Ferrara.
Il codice si trovava a Ferrara alla metà del Quattrocento perché nel 1456 Gaspare di Tommaso di Montone ne fa una copia per il pretore di Ferrara che viene poi illustrata e decorata seguendo strettamente la Commedia ora a Padova.
Il codice è riccamente illustrato da una stessa mano e presenta una figurazione esplicativa del contenuto del testo all’inizio di ogni canto. Raffinate iniziali a nastro decorate con frutta e fiori ad ogni canto e capitolo di commento denotano una vasta e complessa cultura saldamente impostata sulla lezione postgiottesca, ma aperta anche alla più moderna e sofisticata sensibilità tardogotica.
Probabile miniatore: Michelino da Besozzo, uno dei più validi esponenti della cultura tardogotica in Lombardia che agli inizi del Quattrocento lavorerà nel Veneto tra Verona, Vicenza e Venezia.